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Cambiamo Cultura oggi incontra la scrittrice Giulia Caminito.  Il suo primo romanzo La grande A (Giunti, 2016) ha vinto il Premio Bagutta Opera Prima, il Premio Berto e il Premio Brancati Giovani. Ha scritto romanzi, racconti e libri per bambini. Ha pubblicato per Bompiani Un Giorno verrà e L’acqua del lago non è mai dolce (vincitore Premio Campiello 2021 e finalista Premio Strega 2021). I suoi libri sono tradotti in oltre venti paesi. Collabora con riviste e quotidiani e lavora nel mondo dell’editoria.

Come e quando nasce in te la voglia di scrivere “Amatissime”?

Il libro nasce all’interno di una collana della casa editrice Giulio Perrone Editore, la collana si chiama “Mosche d’oro” ed è curata da Viola Lo Moro e Nadia Terranova. La collana indaga il mondo delle donne del passato dalla prospettiva delle scrittrici del presente che si immergono in una narrazione biografica e autobiografica. Non riuscendo a immaginare una sola donna da raccontare, per spiegare chi sono e la mia formazione e restituire un lavoro di ricerca nel campo della scrittura delle donne del Novecento, ne ho scelte cinque: Elsa Morante, Paola Masino, Natalia Ginzburg, Laudomia Bonanni, Livia De Stefani. Ho provato a raccontare alcuni aspetti delle loro vite tracciando un percorso nella mia, per esprimere il legame profondo, l’effetto e la riconoscenza che ho verso queste cinque donne e scrittrici italiane.

C’è un qualcosa che hai scoperto (e che proprio non ti aspettavi) scrivendo questo libro? Se si, possiamo chiederti cosa?

Ho scoperto molte cose. Una di queste, che mi ha particolarmente colpita, è stato capire quanto sia stato importante il lavoro di Natalia Ginzburg per la letteratura e l’editoria, non solo come scrittrice ovviamente, ma come editor. Dobbiamo a lei la scoperta e la pubblicazione di molti libri fondamentali che vennero portati in libreria da Einaudi. Tra questi, nel mio libro, parlo di “L’Agnese va a morire” di Renata Viganò, un classico sulla Resistenza, “Il diario di Anna Frank” che Ginzburg lesse in francese e volle subito far pubblicare in Italia e “Menzogna e sortilegio”, l’esordio di Elsa Morante che fu editato da Ginzburg e che portò alla pubblicazione di una grandissima scrittrice.

 

Amatissime parla di radici, le tue in primis, e di una città che viene raccontata con uno sguardo al femminile. Che rapporto hai con Roma?

Amo molto Roma, è la mia città e rappresenta per me anche autonomia, autodeterminazione, vita adulta. Ho infatti trascorso molti anni in provincia fuori dalla Capitale e sono tornata solo negli ultimi dieci anni in città, scoprendomi affamata di teatri, cinema, mostre, passeggiate, mercati rionali, monumenti, luci sul Tevere. Una città pericolosa, difficile, che si attraversa con fatica, ma che io continuo a vedere nei suoi lati migliori che sono la familiarità, la vita di quartiere, la vitalità culturale, la tradizione culinaria, linguistica e storica. Mi ha toccata capire come Roma sia stata in passato luogo di intreccio e incontro per tante scrittrici del Novecento. Tutte e cinque le donne di cui parlo sono passate da Roma ed è una città che le ha segnate per nascita, per morte, per amore, per scrittura.

Come consideri la voce delle donne nel mondo editoriale? Quanto dista la parità di genere in questo settore?

Dista lo stesso spazio che c’è in molti altri settori. Il cambiamento è ascendente, la crescita delle donne nel settore c’è e si vede, ma sono anni in cui agiscono anche forze contrarie, retroflesse, che spingono al ritorno indietro e alla perdita di posizione e di libertà. Bisogna essere consapevoli che nessun miglioramento per le donne è mai arrivato senza sforzo e così è anche per la letteratura e l’editoria. Non si può dire che oggi un libro venga letto dal pubblico di uomini a prescindere da chi lo abbia scritto. Resta molta indifferenza o mancanza di riconoscimento verso la scrittura delle donne, che si autoinfliggono da sole spesso da una parte un femminismo vuoto e da slogan e dall’altro un allineamento col pensiero maschile che non sanno valutare lucidamente. Credo serva studio, indagine, presenza, attenzione, responsabilità e buon senso, non eccedere ma rimanere sempre vigili. Stare negli spazi giusti nel modo giusto per raccontare le donne presenti e passate e i loro percorsi.

Se chiudi gli occhi…come immagini il mondo dei libri e della lettura nel 2030? Ci saranno nuove modalità di fruizione ma anche di narrazione?

Penso che il settore dei libri, a oggi così insostenibile, povero, ingiusto a livello lavorativo, a un certo punto o farà i conti con sé stesso e i propri meccanismi e cercherà di rivoluzionarsi dall’interno (per esempio con l’aiuto del digitale) o imploderà. Spero in una editoria meno fissata con la vendita, più oculata, meno fluviale e meglio gestita nei confronti di chi lavora. Ormai non pagare il lavoro editoriale è diventato quasi la normalità, e non è accettabile. 

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