Un viaggio dove tutto ebbe inizio. Dove la vita viene accolta fin dal primo momento: nella vagina. Un viaggio ironico, drammatico, serio, divertito, dissacrante, oltre l’ultimo tabù dell’universo femminile.
Sul palcoscenico un’attrice, Anastasia Astolfi che con humor trasgressivo rappresenta un universo composto da donne di ogni razza, età, classe sociale e religione, dando vita ad un atto unico che porta e riporta nel luogo dove tutto “ebbe” inizio.
Fantasiose, imbarazzanti, divertenti ma anche dolorose e scottanti sono le storie di donne che ruotano intorno alla vagina.
C'è una cosa che hai scoperto grazie a questo spettacolo?
Ogni spettacolo è un viaggio e ogni viaggio una rivelazione oppure un ricordo. Per prepararmi ho dovuto fare parecchia strada. Tornare indietro, far riemergere nella memoria anche del mio corpo innumerevoli suggestioni. Parlare e confrontarmi con altre donne, amiche e non, in modo giocoso e serio. Ho scoperto una vastità di sensazioni ed emozioni che non potevo generare solo dalla mia esperienza. Parlare soprattutto con alcune donne anziane e giovanissime insieme, è stato un passaggio direi magico. Entrare in un tunnel archeologico e allo stesso tempo libero ed emancipato mi ha resa ancor più orgogliosa di essere donna.
A chi è rivolto "In principio era là sotto?" e quale messaggio vuoi mandare tramite questo spettacolo?
Lo spettacolo è rivolto a tutti. Uomini, donne, giovani, curiosi, scettici, a chi ama la vagina, a chi la teme e soprattutto a chi, apprendendo l’argomento, commenta d’istinto con sguardo ammiccante. Quasi dando per scontato che parlare di “vagina” voglia significare parlare di sesso. Non desidero sedurre chi verrà a vedere lo spettacolo, piuttosto invitare chi mi/la guarderà a farlo “attraverso”, per scoprire un mondo stratificato e complesso, antico e potente.
Qual è la cosa più bella e la cosa più difficile di questo spettacolo?
La cosa bella è anche la più difficile. Cioè lavorare sull’essenziale. Senza troppi fronzoli di scene o costumi. Un corpo, una coscienza, un cuore. Ma tante, tantissime bocche a cui dare voce.
Cosa pensi di ciò che sta venendo fuori grazie al me too italiano?
E’ un’invocazione al cambiamento per molte donne, che si sentono vittime di abuso quando finiscono in situazioni di giochi di potere in incontri sociali o sul posto di lavoro. Io personalmente quando ho iniziato intorno ai 23 anni a fare provini di teatro ho ricevuto “inviti” per la scelta delle cosiddette scorciatoie da diversi registi, conosciuti e non. Mi è capitato spesso di ricevere attenzioni che promettevano altro. Ma sempre e subito ho detto NO. Si può dire No. Si deve dire No. Se non è ciò che vogliamo.
Chi sono le tue artiste di riferimento?
La prima in assoluto mia nonna, un’ artista della pasta fatta in casa. Vedo ancora le sue mani consumate e callose che impastano acqua e farina. Mia nonna che lavorava in casa e fuori. Che le piaceva mangiare e bere. Mia nonna che la favola della principessa salvata dal principe azzurro non me la voleva proprio raccontare. Mia nonna che portava le sue rughe con una grazia indicibile. E poi la mia FRIDA KAHLO. La chiamo mia perché ne sono quasi gelosa. Ho dato a mia figlia il suo nome e anni fa molte persone non sapevano neanche chi fosse. E oggi ce la ritroviamo stampata sulle magliette e sulle tazza! Si rivolterebbe nella tomba ne sono certa. “Io vedo orizzonti dove tu disegni confini.”
Prossimi progetti in partenza?
Sto lavorando a una riduzione in forma di monologo dell’Antigone di Anouilh. Un’altro bel viaggio direi….