Fa davvero un certo effetto leggere la notizia della scomparsa di Letizia Battaglia proprio all’avvicinarsi del trentesimo anniversario della morte di Falcone e Borsellino. E’ morta nella “sua” Palermo a 85 anni, storica fotoreporter, che per anni ha lavorato per il quotidiano “L’Ora” raccontando con i suoi scatti la guerra di mafia. Insignita di numerosi premi come l’Eugene Smith (è stata anche la prima donna a riceverlo) e l’Eric Salomon Award, ha collaborato con le più importanti agenzie giornalistiche mondiali. Ha raccontato mezzo secolo di lotta alla mafia. Durante la pandemia raccontò che aveva fotografato tutte le vittime eccellenti, ma non ce la fece a fotografare lo scempio di Capaci e Via D’Amelio. É stata una testimone unica della lotta alla mafia ma lei, giustamente, non voleva essere ricordata solo per questo. Ricordo una sua meravigliosa mostra al Museo Maxxi di Roma in cui sembrava di aprire un libro di storia contemporanea per poi immergersi dentro. Nel suo cognome, un destino. Con la sua macchina fotografica non si è mai arresa all’evidente, al tragico, all’ineluttabile. Nell’intervista che segue c’è un passaggio molto intenso in cui dichiara “Nella mia vita potevo incontrare solo l’orco ed invece ho incontrato anche la macchina fotografica”.
Ma Letizia Battaglia non va ricordata solo per essere la fotografa dei delitti di mafia.

"Ho lottato tutta la vita per riappropriarmi di me e ci sono arrivata quando ho iniziato a fotografare. Per me la libertà è una necessità molto intima."
Nel prometterti che non ti dimenticheremo possiamo solo dirti una cosa: GRAZIE.